Monica Longobardi VANVERE
4.2.4.
«com'io fui di natura buona scimia». "Il centunesimo canto"
dell’«Inferno» Magistrale
è, d'altra parte, lo scimmiottamento («com'io fui di natura buona scimia»),
anzi più propriamente il clone dantesco di Luca Chiti: E, come l'uom che di trottare è
lasso, poi fummo fatti soli procedendo Ci
sentivano andar; però, tacendo Tra l'altre vidi un'ombra che
aspettava; 6 per che, s'i' mi tacea, me' non riprendo. E videmi e conobbemi e chiamava 9 Pensa, lettor, s'io mi maravigliava [
... ]. Che cos'è? È Il centunesimo canto dell'Inferno. Di Dante-Dante? Quasi. Diciamo che tutti i bastoncini-versi sono del suo DNA poetico, ma il montaggio (il centone) è opera di Luca Chiti ([La Biblioteca Oplepiana, Zanichelli] 2005, pp. 419-85). Cultura e irrisione sono il mix ideale per fare parodia e Luca Chiti (toscano, per soprammercato) aveva le carte in regola per votarsi a queste reviviscenze poetiche. Recidivo, com'è per i suoi (e non suoi) Paraparalipomeni (Ovvero i Paralipomeni dei Paralipomeni della Batracomiomachia nuovamente ritrovati e tradotti) (Canto III). La fantasia dell'«anello che non
tiene» nella rete del testo è una
tentazione forte per ognuno che ami un classico quale Dante e lo conosca fino a
replicarlo per venerazione o per nostalgia di fusione. Quali «le circostanze di
una scoperta»? Il primo verso che cade sotto l'occhio incuriosito e incredulo
del "fìlologo" scopritore recita presago: «com'io fui di natura buona
scimia». Ma da dove penetrare nella fortezza munita di un'opera embricata come
la Divina Commedia, come insinuarsi nell'arnia delle sue molecole? Tra
il ventinovesimo e il trentesimo canto, di fatto, una «strisciolina di nebbiosa
grumosità» si paleserà allo scopritore grazie a progressivi ingrandimenti
fotografici («il varco è qui?») quale l'incuneato (o tecnologicamente
"zippato") canto 101, sconosciuto alla comunità scientifica. Dunque, ecco il «punto morto del
mondo»; una porta segreta come, lo ricordiamo tutti, il binario 9 3/4 della
stazione ferroviaria londinese di King's Cross da cui parte l'Hogwarts Express,
diretto alla scuola di Hogwarts. E tutti ricordiamo che, per accedervi, Harry
Potter e gli studenti apprendisti maghi passano attraverso un muro posto tra i
binari 9 e 10. Ma
sappiamo pure che quel mondo fantastico è precluso ai babbani (se ne trovano ovunque... ). Ecco dunque clonato un intero canto
dantesco (151 versi) con apparato di note eruditissime
simil-Petrocchi (pp. 451-70), dotato di Appendici (pp. 471-85),
di cui la prima offre le concordanze e
la terza «Notizie su Gruccio de' Bardonecchi». E chi sarebbe costui? «Verrebbe
quasi da pensare all'irriverente intrusione nel poema di un autore diverso. Non
fosse che tutti i 151 versi che compongono il Gruccio sono indiscutibilmente di mano del poeta», osserva
il Chiti a p. 439, soffondendovi pur sempre un fumus di apocrifia. Di fatto, la vida di Gruccio tratteggia dalle fonti la silhouette
d'un «Magnus et suptilissimus archimista», manipolatore e plagiato re
mefistofelico, conosciuto da Dante, ma, proprio perché «arrnarium omnis
malitiae» e vendicativo, prudentemente damnato all'invisibilità da Dante e dai chiosatori suoi. Fonte: Monica Longobardi, Vanvere. Parodie, giochi letterari,
invenzioni di parole, Carocci, Roma, 2011, pp. 204-205.
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