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Ada De Pirro
GIORGIO MANGANELLI E GASTONE NOVELLI.
PAROLE ALLE IMMAGINI E IMMAGINI ALLE PAROLE.


2. COMBINATORIA

La morte precoce di Novelli ha interrotto l’opera di un artista che era approdato nella prima metà degli anni sessanta a un linguaggio figurativo carico di suggestioni letterarie e ‘grammaticali’ che si erano consolidate nel giro di pochi anni. D’altro canto l’opera letteraria di Manganelli subisce nel tempo un’evoluzione che non ha mai rinnegato le proprie radici nutrite dalla sperimentazione del periodo di revisione radicale dei parametri linguistici accademici. La costellazione di segni, la pratica della serialità e delle ipotesi combinatorie, così evidenti in Centuria (28), e che tornano in una caleidoscopica frammentazione a presentarsi in forma ‘affabulatoria’ nella sua ultima opera, La palude definitiva, sono molto presenti anche nell’opera di Novelli.

         Il riferimento alla teoria e prassi manierista propria di una parte della neoavanguardia, contribuisce in larga parte alla creazione del particolare linguaggio manganelliano e del suo vasto repertorio di immagini. A proposito di combinatoria, Silvia Pegoraro afferma che è proprio l’artificiosità dell’immagine manierista a suggerire «un ingegnoso gioco di combinazioni sempre rivolto all’interno, alla necessità che il linguaggio stesso si risolva su di sé, senza varcare la soglia e il limite che la realtà gli oppone» (29). Il grande uso di figure retoriche diventa un infinito gioco linguistico, dove le diverse possibilità combinatorie del linguaggio sono elemento essenziale che svela il carattere ‘menzognero’ della letteratura.

            Seguendo poi il ragionamento della Pegoraro, si arriva a considerare l’artificiosità come creatrice di immagini. Sembra che sia proprio l'artificiosità a avvicinare Manganelli al mondo dell’arte figurativa. L’aderenza alla ‘realtà’ o al suo contrario lascia libero sfogo all’immaginazione partendo da un alfabeto (e una grammatica) di segni, lo stesso campo in cui gli artisti figurativi si muovono. 

            Nell’opera di Novelli, con la combinazione di linguaggio e figura sempre presente, troviamo una sintesi tra realtà e immaginazione. Sintesi che diventa una sorta di ossimorica compresenza tra artificiosità e realtà che spesso gioca con la pratica della frammentazione sia delle immagini che delle parole.



Antologia, 1961
vinavil, lapis, matite colorate, cm. 49x70. Courtesy Archivio Novelli.



Alfabetiere 1, 1962
tecnica mista su carta, cm. 47x65. Collezione privata.



Omaggio al conte di St. Germain, 1962
tecnica mista su tela, cm. 100x100. Collezione privata.



            Nell’opera di Novelli, così come in quella di Manganelli, troviamo espressa la stessa pulsione ricreatrice di un particolare universo linguistico attraverso la scomposizione e ricomposizione dei codici conosciuti. In alcune opere dell’artista assistiamo a una radicalizzazione del principio di artificio-scomposizione-ricreazione fino a trattare il linguaggio come una sorta di affabulazione glossolalica propria dei mistici o degli alienati o a usare glossomanie, ovvero giochi verbali non sistematici.



Lettere, 1961
matita e pastelli a cera su carta, cm. 49.5x69.
Fondazione Museion Bolzano. Museo d’arte moderna e contemporanea Bolzano.



Alfabetario 6, 1962
matita e pastelli su carta, cm. 47x66. Courtesy Archivio Novelli.



uuna si scrive con due u u così e capace che diventi un nome vero, 1961
tecnica mista su carta, cm.48,5x69,5. Courtesy Archivio Novelli.


 Tali aspetti collocano l’opera di Novelli vicina ad alcune manifestazioni della cosiddetta Art Brut e del Lettrismo.

            L’assenza di segni di interpunzione, la presentazione senza soluzione di continuità delle parole, o la ripetizione di singole vocali, lettere o sillabe come in una specie di mantra, è da ricollegarsi nell’opera del pittore alla ricerca dell’originarietà del linguaggio, ricerca vicina all’esigenza di scrittori di avanguardia come Manganelli desiderosi d'immergersi nel mondo sotterraneo e oscuro della parola, del rapporto tra significato e significante proprio del carattere autoreferenziale del linguaggio. L’asintattismo era, d’altro canto, una delle caratteristiche degli scrittori che hanno gravitato nel Gruppo 63.

            Se Novelli si muove alla ricerca dell’originarietà che include la dimensione magica in contrasto con il ‘linguaggio accademico’ come affermava, Manganelli vede che proprio «l’accadimento magico della verbalità distingue, frantuma continuamente la serie di possibili universi» (30).


Note

28) G. Manganelli, Centuria, cento piccoli romanzi fiume, Adelphi, Milano, 1979.

29) S. Pegoraro, Il “Fool” degli inferi. Spazio e immagine in Giorgio Manganelli, Bulzoni, Roma 2000, p. 54.

30) In Lettura d’autore, a cura di G. Pulce, citato in Pegoraro 2000, cit., p. 61.


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