I COLLAGE DI WISŁAVA SZYMBORSKA
di Giovanna Tomassucci 1. I collages di Wisława Szymborska oggi sono ormai ben noti anche ai
lettori italiani: appaiono riprodotti nella sua nota biografia (1), adornano le
copertine delle sue opere e sono stati esposti in varie mostre (2). Meno noto è
il fatto che la poetessa ha dimostrato del talento artistico fin dalla sua
giovinezza: con i disegni risalenti ancora agli anni della guerra di A new English
Manual, scritto dal padre di un’amica: Illustrazioni in J. Stanislawski, A
new English Manual, Kraków 19462. Fonte: Wisława
Szymborska. Kolaże | Collages, MOCAK Muzeum Sztuki Współczesnej w
Krakowie – Museum of Contemporany Art in Krakow, Kraków, 2014, p. 27. e con le illustrazioni per Mruczek w butach [Ron-ron con gli stivali, 1948], favola per bambini del poeta Adam Włodek, suo primo marito:
Fonte: Adam Włodek, Mruczek w butach, Kraków, 1948. Dopo la morte della poetessa è stato ritrovato
un quaderno del periodo della guerra, in cui
compaiono dei collages realizzati
assieme a dei compagni di scuola: come accadrà negli anni a venire, sono
composti da ritagli di vecchie illustrazioni e da un breve spiritoso commento. La poetessa ha
sempre collezionato cartoline illustrate d’altri tempi, con una spiccata
predilezione per quelle kitsch. Nel grigiore
della Polonia comunista era difficile procurarsi dei
biglietti di auguri spiritosi: fu verosimilmente proprio questa penuria, tra la
fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, a stimolarla a crearne
lei stessa. Era
un’epoca politicamente fosca, in cui i controlli della censura erano divenuti più
opprimenti. Nel 1966 Szymborska aveva dato le dimissioni dal Partito
Operaio Unificato Polacco, in segno di solidarietà con il filosofo Leszek Kołakowski; nel 1975 aveva
sottoscritto una protesta contro le modifiche alla Costituzione (la così detta Petizione dei 59): le sue lettere venivano perciò regolarmente controllate e censurate. La poetessa cominciò così a inviare ad amici e
collaboratori (tra i quali i suoi amati traduttori stranieri) dei cartoncini
colorati su cui incollava frammenti di giornali o rotocalchi, accompagnati spesso
da una scritta, anch’essa ritagliata o realizzata a mano. Ognuno di essi era
appositamente pensato per uno specifico destinatario: costituiva pertanto una
sorta di spiritoso codice allusivo, non facilmente decifrabile da altri né
tantomeno dalla censura. Nata in un momento difficile, quasi per sfida, quella
produzione riscosse un successo unanime tra i suoi amici e colleghi e si
protrasse regolarmente per molti decenni. Non è noto con esattezza quanti siano
i collages da lei creati: quelli che
oggi vengono esposti in mostre, cataloghi o siti web sono
stati reperiti nell’appartamento della poetessa dopo la sua morte, o forniti da
alcuni suoi corrispondenti. Si stima tuttavia che essi costituiscano solo una
parte di una ben più ampia produzione. Szymborska li chiamava con modestia karteczki (bigliettini) o wyklejanki (decorazioni infantili realizzate con dei ritagli di carta colorata e lucida e incollate su un cartoncino spesso) (3). I materiali di cui si serviva
erano in realtà ben più vari: etichette, quotidiani, vecchie riviste
d’anteguerra o di fine Ottocento, illustrazioni di moda, manuali di ogni sorta
(erano una delle sue passioni, come dimostrano tante
sue Letture facoltative).
Da essi ritagliava
immagini di animali, parti del corpo umano (occhi, labbra, mani, arti), lacerti
di frasi involontariamente spiritose, annunci bizzarri, che suddivideva per
tema in una speciale cassettiera appositamente progettata per l’uso (oggi la si
può ancora ammirare a Cracovia, all’interno della divertente esposizione Szuflada Szymborskiej [Il cassetto di Szymborska]: “cassetto” era anche il nome
scherzoso che la poetessa dava al proprio appartamentino) (4). Il più intenso momento creativo cadeva in genere nei mesi
di ottobre-novembre: allora si chiudeva in casa per qualche giorno, proclamando
scherzosamente di “dedicarsi all’arte”. Il suo segretario
personale Michał Rusinek racconta come non disponesse i ritagli su un tavolo,
ma sul pavimento: per selezionarli li osservava dall’alto, muovendosi al di sopra
di loro “come una cicogna” (5). Li incollava
poi su dei cartoncini svedesi appositamente procurati
all’estero da amici: la stessa cosa avveniva con la colla, rigorosamente tedesca,
dimostratasi migliore di tutte le altre. A volte le capitava di avere delle ispirazioni non sempre
facilmente realizzabili, come quando cercò invano l’immagine di un deserto: doveva
servire a un collage con la scritta Divieto
di balneazione (come sanno bene i suoi lettori, Szymborska si dimostrava
spesso allergica ai divieti) (6). Schiva e poco
amante delle esibizioni, l’autrice di Appello
allo Yeti ha sempre considerato le wyklejanki
come una forma di comunicazione privata, alla
stregua di altre forme di divertissement, in cui coinvolgeva
una ristretta cerchia di amici e colleghi (7). Proprio
per questo reagiva quasi sempre con scetticismo alle proposte di
utilizzarle per le copertine dei suoi libri (8) o di esporle in occasione di mostre. Oggi invece appare evidente che esse costituiscono
una parte integrante della sua opera e possono essere definite vere e proprie Artistic cards. I collages avevano per lo più le dimensioni di una cartolina, un formato maggiore solo nel caso più raro in cui venissero recapitati a mano. Il più grande fu quello ideato per Woody Allen, regista verso cui Szymborska nutriva una grande ammirazione: era costellato di scritte di auguri firmate da vari importanti personaggi, storici o ancora viventi (per realizzarlo si era appositamente procurata dei cataloghi di vendita per corrispondenza e dei rotocalchi americani). Piacque molto ad Allen: “Ha un grande significato per me – dichiarò prontamente – molto più grande di tutte quelle statuette d’oro che danno nel cinema” (9). Poteva anche succedere che le wyklejanki adornassero il retro di una lettera o le pagine dei volumi di poesie donati agli amici più stretti, alludendo scherzosamente a una dimensione considerata estranea alla poesia. Come una di quelle realizzate per il grande poeta Herbert in cui, sopra l’immagine di un pugile dai pettorali scultorei, era stata incollata la frase “Quando pronunciamo una parola mettiamo in moto 72 muscoli”: Illustrazione 3 Fonte: Wisława Szymborska. Kolaże | Collages, cit., p.
30. o quella
per la coppia Bogusława
Latawiec e Edward Balcerzan, un porcospino
dalle affilate zampette, davanti alle quali la poetessa aveva scritto a mano manicure, pedicure. Proprio Balcerzan, critico e poeta, ha definito un
“metalinguaggio” la specifica forma di comunicazione delle wyklejanki (10) e ha dedicato alcune riflessioni all’assemblaggio
di concetti e immagini sia nei collages,
sia nell’opera letteraria della poetessa. Secondo lo studioso, la combinazione
preferita è quella binaria: due figure, una figura e un testo (a volte collocato
all’interno di un fumetto) o due diversi testi. Le figure possono essere a loro
volta risultato del montaggio di due (più di rado di tre) diverse componenti (11).
Una simile binarietà è riscontrabile del resto, come vedremo, anche in alcuni
componimenti poetici di Szymborska. Małgorzata Baranowska ha invece riflettuto sul rapporto tra le wyklejanki e certo kitsch da vecchie cartoline illustrate (12), le stesse che avevano costituito un’importante fonte di ispirazione per i surrealisti francesi, i primi che le nobilitarono, assieme al collage, come procedimento poetico e teatro di paradossi. Nelle wyklejanki
troviamo infatti il gusto della scenetta, l’effetto sorpresa, l’intreccio tra
il sentimentalismo e l’ironia caratteristico di molte cartoline, una miniera di
ispirazione, che sembra aver lasciato un segno anche nella poesia Album, orecchiabile come una filastrocca:
Szymborska vi dichiara in maniera autoironica che nella sua famiglia nessuno si
è mai ucciso per amore, alludendo a una situazione tipica di certa iconografia kitsch: “nessun soffocamento in un
armadio elegante / per il ritorno del marito dell’amante!” [GS, p. 193]. Come
suggerisce ancora Baranowska, le wyklejanki
potrebbero essere definite “anticartoline”, dato che rinunciano a proporci una
realtà rassicurante, da idillio o operetta, suscitando un’ironica inquietudine
nel lettore proprio grazie al rovesciamento di significato (13). Basti pensare ai collages
che mettono in discussione la rispettabilità borghese del matrimonio, con
una giovane lei che chiede a un più attempato lui “Non ti chiedo nulla del tuo
stipendio, ma quanto guadagni” o con un lui che si candida a marito ideale,
perché – come recita la scritta – è Tutto
casa e famiglia, o alla coppia di sposi novelli ai cui piedi campeggia la dicitura:
Cinque anni di garanzia, per non
parlare dell’energica signora che con un gesto energico spazza via una testa maschile.
Szymborska stessa ha osservato come nelle vecchie cartoline “qualcosa si scontra
sempre con qualcos’altro”, ad esempio l’“ingenuo con il pretenzioso, il
sentimentalismo con l‘idiozia” (14): non
è escluso che proprio l’amore per il kitsch,
coltivato in famiglia fin dall’infanzia, l’abbia stimolata nel creare dei nuovi
originali accostamenti anche nella sua poesia. Forse non è un
caso che la creazione di karteczki risalga
allo stesso periodo in cui in Polonia potevano finalmente apparire le
traduzioni integrali del I Manifesto del
Surrealismo, in cui Breton, prendendo ispirazione dal Dadaismo e dai collages di Picasso e Braque, chiamava poema
un suo testo interamente assemblato da “titoli e frammenti di titoli ritagliati
da giornali” (15). Baranowska ricorda come quell’idea
provocatoria finisse per contagiare numerosi artisti e intellettuali polacchi, che
da allora si misero a cercare e collezionare scritte dal contenuto assurdo (16).
Va anche aggiunto che quello stimolo surrealista poteva in qualche modo
convergere con il ricordo di analoghe esperienze delle Avanguardie polacche, soprattutto
con una raccolta di annunci e insegne pure
nonsense, W oparach absurdu
[Tra i fumi dell’assurdo], ideata da due celebri poeti e scrittori, Antoni
Słonimski e Julian Tuwim (17). La passione di Szymborska per l’assemblaggio di
ritagli di giornali sembra infatti essere assai vicina a entrambe quelle
esperienze:
Illustrazione 4 [a mano] W.S. con tanti auguri di: [collage]: tetti, biglietti aerei, cassette delle lettere, felicità, un grado più
elevato, un miliardario polacco,
biancheria, momenti indimenticabili, una vergine, oltre 30 personaggi, merci
minute, bianche e di biancheria, amore, un inclito pubblico, 240 mila dollari, qualche
umanità, una famiglia di Płock. Cartolina ad Anna Frajlich (18). Osservando le karteczki di Szymborska, potremmo anche notare
che i materiali da lei utilizzati non differiscono molto da quelli dei
surrealisti: scritte e immagini pubblicitarie (per
cui ha avuto sempre un debole), vecchi giornali, manuali di storia naturale e
illustrazioni a incisione (la poesia Possibilità
lo proclama con forza: “Preferisco le vecchie illustrazioni a tratteggio"
GS, p. 479). Non mancano neppure dei richiami
diretti, ad esempio a Man Ray e il suo celebre Violon d’ Ingres: Illustrazione 5 Cartolina ad Anna Frajlich (19). o al
ciclo di Max Ernst Une semaine de bonté, che sfrutta
vecchie incisioni ottocentesche, popolandone i pacifici appartamenti borghesi di
strane creature ibride. Le combinazioni di Szymborska sono tuttavia meno
tenebrose e più ammiccanti, come in questo collage in cui una dama, intenta a baciarsi
con un elegante signore, batte allo stesso tempo la manina sul divanetto su cui
siedono entrambi, e il suo gesto è esplicitato dalla scritta Posti liberi: Illustrazione 6 Fonte: Wisława Szymborska. Kolaże | Collages, cit., p.
191. È tuttavia anche
probabile che a stimolare l’autrice di Gente
sul ponte siano stati altri artisti: Michał Rusinek ha fatto il nome di René
Magritte (20), cui varrebbe la pena di aggiungere quello di Jacques Prévert, anch’egli
poeta e collagiste. Ma non possiamo
neanche escludere un influsso del surrealismo ceco o del più giovane poeta e
artista ceco Jiří Kolář, creatore
di immaginifici collages
e Artistic postcards. Tuttavia le wyklejanki
di Szymborska non condividono né la trasgressiva irrazionalità né certi meccanismi
associativi basati sull’automatismo dell’arte di ispirazione surrealista.
La poetessa sembra anche esente dall’ossessione da horror vacui caratterizzante molti collages di Max Ernst o Prévert (21). 2. Come
sanno i suoi lettori, Szymborska ama accostare in maniera inusitata, spesso
all’insegna del paradosso, concetti e situazioni, in modo da modificarne la
percezione. Adotta infatti una sorta di giocosa maieutica di stampo socratico (22)
che coinvolge il lettore inducendolo ad operare un’incessante revisione di
giudizio: la poesia infatti deve porre dei “punti interrogativi, / e in
risposta – i due punti” (In effetti ogni
poesia, GS, p. 677). Alcuni di questi aspetti sono presenti anche nei caratteristici
accostamenti delle wyklejanki, in cui
non solo si manifesta l’intenzione di stupire in maniera spiritosa, ma anche quella
di modificare una consolidata visione della realtà, in modo da creare un senso nuovo
e inatteso. Un buon esempio intriso di autoironia è costituito dal collage con
una fresca natica femminile su cui troneggia
l’immagine di un profumo dal nome Poésie: Illustrazione 7 Fonte: Wisława Szymborska. Kolaże | Collages, cit., p.
146. Una simile contaminazione di “basso” e “alto” è una delle
componenti fondamentali del comico e ricorda da vicino anche le dichiarazioni presenti
in Ad alcuni piace la poesia: Piace – ma piace anche la pasta in brodo, piacciono i complimenti e il colore azzurro, piace una vecchia sciarpa, piace averla vinta, piace accarezzare un cane. [GS, p. 501] Anche in Tremarella,
lo stesso io lirico con le sue “scarpe da quattro soldi” sembra inficiare
l’affermazione che: […] nella poesia deve esserci solo poesia – In sintonia col
manifesto, che l’annuncia con lo svolazzo liberty d’una P maiuscola, scritta nelle corde d’una lira alata, [GS, p. 411] In alcuni casi
si potrebbe perfino sostenere che alcuni collages
illustrano (in entrambi i sensi del verbo) le
poesie e viceversa. Il poeta e editore di Szymborska
Ryszard Krynicki ha accostato questo riuscito montaggio di un volto, in cui
bocca e occhi non sono altro che foglie (23): Illustrazione 8 Fonte: Wisława Szymborska. Kolaże | Collages, cit., p.
23. a una
delle precipitose domande di Stupore: Perché mai a tal punto singolare? Questa e non quella? E qui che ci sto a fare? Di martedì? In una casa e non nel nido? Pelle e non squame? Non foglia, ma viso?
[sottolineatura di Giovanna Tomassucci, (GS,
p. 307)] Un’analoga compenetrazione tra uomo e natura è presente
anche in Tentativo, in cui l’io
lirico, che aspira a chiudersi in una rosa, dichiara: “Cercavo di avere foglie.
Volevo attecchire.” [GS, p. 89] e in Un
appunto, in cui la vita è definita “il solo modo / per coprirsi di foglie”
[GS, p. 617]. Le disarmanti proposte di Szymborska di una nuova versione
del mondo passano anche attraverso una nuova rappresentazione di personaggi
celebri o fortemente simbolici. Essa viene peraltro realizzata grazie al
montaggio tra elementi considerati incompatibili tra loro, quali il volto
dell’Imperatore Francesco Giuseppe, che esibisce un paio di labbra
impiastricciate di rossetto: Illustrazione 9 Fonte: Wisława Szymborska. Kolaże | Collages, cit., p.
104. o
l’immagine di un uomo preneandertaliano in marcia sotto un cartello con su
scritto E dopo? Le wyklejanki spesso rappresentano l’homo sapiens impietosamente
accostato ad altri abitanti della biosfera, cosa che
accade anche in alcune poesie. Si potrebbe definire una sorta di collage verbale
anche Il sogno di una vecchia tartaruga, in cui una tartaruga pluricentenaria, che ha incontrato
Napoleone nella sua giovinezza, rammenta solo la "foglia di insalata” nei
pressi dei suoi piedi [GS, p.
357] (24). O ancora la folgorante descrizione di Thomas Mann quale
"mammifero / dalla mano prodigiosamente pennuta di una Waterman" (Thomas Mann, p. 243). Il piccolo diviene grande, il prestigioso
insignificante ecc.: tutto ciò crea un’inversione di gerarchie e proporzioni,
un autoironico senso di spaesamento. Anche così Szymborska contesta il nostro
modo di percepire e valutare, stimolandoci a rivedere i nostri rapporti con le
altre componenti dell’universo. Per ridimensionare il nostro narcisistico
antropocentrismo non si serve solo di certe combinazioni ibridanti “classiche”,
cui ci hanno abituato la mitologia e l’iconografia fantastica, ma anche quelle
che Stefan Chwin ha definito immagini zoologico-empatiche (25): appunto la
tartaruga indifferente ai fasti imperiali o anche quella sorta di gatto dello
Yorkshire che inalbera un paio di labbra di donna color carminio, quasi una
parodia di certi smaglianti sorrisi da cartellone pubblicitario. Il manuale di
zoologia fantastica offerto dalla poetessa polacca non è certo meno inventivo
di quello di Borges e le sue ardite impennate associative ricordano da vicino
gli accostamenti della poesia e dell’iconografia surrealista: basta pensare al
già citato Thomas Mann, dove le
sirene vengono definite “distici / che rimano uomo e airone con tale maestria”
[GS, p. 243]. Questo meccanismo combinatorio, che scompone e ricompone il
mondo innestando elementi tra loro eterogenei, è facilitato dalla tendenza alla
ripetizione e alla binarietà presente anche nella sua poesia. Szymborska non
solo predilige gli ossimori, ma ama anche disporre alle estremità di un verso (o
di una serie di versi) due concetti ritenuti antitetici. Siamo molto vicini a
quel felice “incontro fortuito di due realtà distanti” di cui parlava Max Ernst
a proposito dei collages (26) : un incontro-scontro che in Szymborska accende la miccia di una
riflessione dialettica. Un esempio caratteristico può essere fornito dalla poesia Autotomia: In caso di pericolo, l’oloturia si divide in due: dà un sé in pasto al mondo, e con l’altro fugge. Si scinde d’un colpo in rovina e salvezza, in ammenda e premio, in ciò che è stato e ciò che sarà. Nel mezzo del suo corpo si apre un abisso con due sponde subito estranee. Su una la morte, sull’altra la
vita. Qui la disperazione, là la
fiducia. Se esiste una bilancia, ha piatti immobili. Se c’è una giustizia, eccola. Morire quanto necessario, senza eccedere. Ricrescere quanto occorre da ciò che si è salvato. Già, anche noi sappiamo dividerci in due. Ma solo in corpo e sussurro
interrotto. In corpo e poesia. Da un lato la gola, il riso
dall’altro, un riso leggero, di già
soffocato. Qui il cuore pesante, là non omnis moriar, tre piccole parole, soltanto, tre piume d’un volo. L’abisso non ci divide. L’abisso circonda. L’oloturia è un’echinoderma
caratterizzato da una simmetria speculare bilaterale, fornito perciò della
capacità di scindersi e rigenerare le proprie viscere: proprio per questo può
rievocare anche la trasformazione che la poesia opera sulle parole. Szymborska
fa coincidere i suoi versi con delle contrapposizioni: rovina-salvezza,
morte-vita, ammenda-premio, disperazione-fiducia ecc., per suggerirci subito
che quelle due scisse “sponde subito estranee” possano invece trarre origine da
qualcosa che costituiva un tutt’uno. Szymborska ci invita perciò a uscire da
certe nostre gabbie mentali e a rigenerarci attraverso un’insolita fusione di ciò
che crediamo erroneamente opposto: “Morire quanto necessario, senza
eccedere / Ricrescere quanto occorre da ciò che si è salvato”. Un altro aspetto comune a poesia
e collages è l’ironica allusione a
certi stilemi. Accade ad esempio nella serie creata per la poetessa Ewa Lipska,
che non a caso l’ha voluta chiamare "Istruzioni per l’uso della vita"
(27). In essa Szymborska scimmiotta i consigli di certi manuali di savoir vivre servendosi di prescrizioni assurde
che proprio per questo sembrano contraddire ogni autoritarismo: “Alleva solo
cani poliziotto, abbi a cuore l’utilità pubblica”. Siamo qui in prossimità
delle raccomandazioni della voce monologante di Scrivere un curriculum, la quale, dopo aver intimato al lettore di
nascondere pensieri e desideri, prosegue in maniera sempre più improbabile, esortandolo
ad esempio a sorvolare su “cani, gatti e uccelli, / cianfrusaglie del passato,
amici e sogni” e… “bambini mai nati” [GS, p. 463]. Małgorzata Baranowska e Wojciech Ligęza hanno analizzato anche altre riscritture
parodicamente creative della poetessa: la capacità di riportare a un primitivo
splendore espressioni idiomatiche rese polverose dal tempo, sfruttandone in
maniera dissacrante il significato letterale o i doppi sensi (28). Questa acrobazia di pensiero, così vicina alla felice
formula surrealista del taglio e della contaminazione (si pensi alla collezione
di Paul Éluard e Benjamin Péret, 152 proverbes mis au
goût du jour (29), in cui i proverbi venivano “aggiornati”
con varie manipolazioni e innesti) sembra restituire
al linguaggio una sua primigenia freschezza e creare un nuovo, rivelatorio messaggio.
Ma la parentela tra poesia e collage può offrire ancora ulteriori
varianti: come nel polifonico e caotico Funerale
[GS, p. 465], un vero e proprio montaggio di chiacchiericci dentro un cimitero,
o alla trascrizione di un "dialogo fra sordi" fra un uomo e una donna
in Sulla torre di Babele [GS,
p. 159]. Possiamo provare a confrontarli con questo collage, nel quale Szymborska
invita a disporre in successione diversa i brevi riassunti delle puntate di una
telenovela sudamericana (altra variante di kitsch:
non va dimenticato che la poetessa è stata una appassionata fan del serial TV brasiliano La schiava Isaura): Illustrazione 10 Fonte: «Kwartalnik
artystyczny», 2014, n. 1, p. 25. Wyklejanka per Anna Freulich, la successione
di riassunti della telenovela è sormontata dalla
scritta SISTEMALO TU! potremmo
quasi immaginare che anche in Funerale
e Sulla torre di Babele la
poetessa possa implicitamente invitare il lettore a giocare con la disposizione
delle frasi… Un altro meccanismo basilare per il collage, la sostituzione
di un’immagine con un’altra, compare in Nel fiume di Eraclito. L’effetto è
raggiunto grazie alla parola passe-partout
“pesce”, che qui viene a sostituire oltre una ventina di altri termini (tra cui
uomo, coltello, poesie e vari
altri). Certo, la prima nostra
reazione a ciò che a prima vista appare enigmatico e privo di senso, può essere
di disorientamento: in realtà qui la poetessa fa un ulteriore passo avanti nello “scollamento” della
funzione denotativa del linguaggio, non tanto per il piacere di sfociare
nell’assurdo, ma per alludere forse a certi modelli iconografici (gli uomini
pesci di Bosch e di Magritte) o per ridimensionare ancora scherzosamente il
privilegio della nostra specie (la figura del pesce si sovrappone a situazioni
caratteristiche della vita umana): di qui l’uso disinvolto e provocatorio dell’intercambiabilità
e della ripetizione dei termini. Potremmo quindi dire che Szymborska nella sua poesia estrapola
(potremmo dire ritaglia?) la parola dal suo usuale contesto, spogliandola dai consueti
e automatici significati, e la mette a confronto con altre sottoposte allo
stesso procedimento. Anche in questo caso “qualcosa si scontra sempre con
qualcos’altro”: i termini si confrontano e neutralizzano, le parole, estrapolate
e collocate in un diverso contesto (spesso nello spazio angusto racchiuso nei
confini di un solo verso), sembrano divenire più fluide e si innestano in nuovi
segmenti mentali. Grazie all’immaginazione potentemente assemblatrice e visuale
della poetessa si instaura un circuito di reciproco scambio tra collage e
poesia: entrambi ci propongono una dimensione alternativa, una “progettazione
di un mondo” libera da vincoli e pregiudizi e – come direbbe ancora Marx Ernst – “un
nuovo, vero e poetico”. NOTE (1) Cfr. A. Bikont, J. Szczęsna, Cianfrusaglie del passato. Biografia di Wisława Szymborska, ed. it. a cura di A. Ceccherelli, Adelphi, Milano, 2012, passim.
(2) La stessa copertina di La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), best-seller di Adelphi (nel testo indicato come GS: le citazioni sono tratte dall’edizione del 2009), è adornata da un collage inviato da Szymborska al suo traduttore italiano, Pietro Marchesani. Tra le più importanti mostre di collages in Italia ricordo quella organizzata dall’Istituto Polacco e dalla Biblioteca Europea di Roma (2013) e La fiera dei miracoli, esposta durante il Festival Szymborska (Università di Bologna, 2016).
(3) E. Balcerzan, Wyklejanki – felietony – wiersze, “Akcent”, 2014, n. 3.
(4) Szuflada Szymborskiej [Il cassetto di Szymborska], Muzeum Narodowe, Kamienica Szołayskich, Cracovia (2013-2018). Una descrizione della mostra si trova in http://www.societadelleletterate.it/2014/06/preferisco-i-cassetti-una-mostra-dedicata-a-wislawa-szymborska/.
(5) M. Rusinek, Nic zwyczajnego. O Wisławie Szymborskiej, Kraków, Znak, 2016.
(6) Ibidem.
(7) Il critico letterario Leonard Neuger ha definito le wyklejanki “un segno o una proposta d’amicizia” (L. Neuger, Wyklejanki Wisławy Szymborskiej, in 2014. Kalendarz z wyklejankami Wisławy Szymborskiej. Wersja kolekcjonerska; Calendar. Collages by Wisława Szymborska, Collectors’ Version, Fundacja Wisławy Szymborskiej, Kraków 2014, s.p.). Del resto la poetessa ha sempre condiviso con gli amici la sua attività ludica, di parola e di immagini, dai limericks ai generi di poesia giocosa da lei ideati: i cosiddetti moskaliki [etnigrammi], podsłuchańce (testi tratti da discorsi “intercettati” per caso), gli adoralia, i rajzefieberki (testi ispirati dall’imminenza di un viaggio), i finti necrologi, le rymowanki [filastrocche], i proverbi “surrealisti” (si possono tutti gustare in Rymowanki dla dużych dzieci [Filastrocche per bambini cresciuti, Kraków, A5, 2008)] e nell’antologia postuma Błysk rewolwru [Il lampo del revolvr (sic!)], Warszawa, Biblioteka Gazety Wyborczej, 2013.
(8) Proprio perché vari destinatari delle wyklejanki risiedevano all’estero, le loro prime riproduzioni apparvero negli Stati Uniti, all’interno di Sounds, feelings, Thoughts. Seventy Poems by Wisława Szymborska, a cura di M. J. Krynski e A. Maguire, Princeton, Princeton Un. Press, 1981. In Polonia è stato in particolare Ryszard Krynicki, poeta e ultimo editore di Szymborska, a pubblicare le wyklejanki all’interno o sulle copertine delle sue opere.
(9) K. Kolenda-Zaleska, La vita a volte è sopportabile. Ritratto ironico di Wisława Szymborska, Casagrande, Bellinzona, 2013, p. 75 (l’intervista a Woody Allen con la consegna della wyklejanka è visibile nel dvd annesso alla pubblicazione).
(10) E. Balcerzan, Wyklejanki – felietony – wiersze, cit.
(11) Id., Niepojęty przypadek. O poezji Wisławy Szymborskiej, a cura di J. Grządziel-Wójcik e K. Skibski, Pasaże, Kraków, 2015, pp. 106-111.
(12) M. Baranowska, A fragment for the Emperor, cit., p. 39.
(13) ibidem, p. 49.
(14) La citazione è tratta da un
interessante articolo di Szymborska, Ho
sempre avuto un debole per il kitsch (W. Szymborska, Zawsze miałam serce
do kiczu, «Przekrój», 1993, n. 15, pp. 16-17). (15) Alcuni frammenti del Manifeste du Surrealisme (1924) di A. Breton erano apparsi in Polonia poco prima della guerra sulla rivista «Nasz Wyraz», 1938, n. 5. Le edizioni successive cui accenno sono Manifest surrealizmu [trad. di A. Sandauer], «Twórczość», 1969, n. 2; Surrealizm. Teoria i praktyka literacka, a cura di A. Ważyk, Warszawa, Czytelnik, 1973. (16) M. Baranowska, A fragment for the Emperor from heel to knees, in Szymborska, Kolaże / Collages, Kraków, Mocak, 2014, p. 37. Non va inoltre dimenticato che in Polonia il Surrealismo aveva destato interesse (e contestazioni) fin dalla sua nascita: potremmo definire apertamente surrealista Stanisław Brzękowski, che emigrò in Francia nel 1928 e divenne poeta bilingue (i suoi volumetti di poesie furono illustrati da Max Ernst e Jean Arp); elementi di derivazione surrealista sono inoltre riscontrabili in vari poeti e drammaturghi della seconda metà del Novecento, quali Stanisław Grochowiak, Jerzy Harasymowicz, Tadeusz Różewicz e ovviamente la stessa Wisława Szymborska, che, tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta, aveva tradotto Aragon e Éluard, due poeti che avevano praticato la suggestiva arte del collage, sia nella sua variante verbale, sia figurativa.
(17) Apparsi sulla stampa nel periodo tra le due guerre, i testi di Tuwim e Słonimski poterono essere raccolti e pubblicati integralmente in volume solo nel 1958. Un’edizione più recente dell’opera è apparsa a Varsavia nel 2008.
(18) Wyklejanki i kartki do Anny Frajlich, «Kwartalnik artystyczny», 2014, n. 1, p. 42.
(19) Ibidem, p. 36.
(21) Ibidem.
(22) Cfr. A. Berardinelli, Wisława Szymborska in Italia: perché ci mancava, in La gioia di leggere. Lettori, poeti e critici, a cura di D. Bremer e G. Tomassucci, Pisa Un. Press, Pisa, 2014, p. 88, e G. Tomassucci, Sagge tautologie, ibidem, p. 124.
(23) The other talent of Wisława Szymborska. Z Ryszardem Krynickim rozmawia Anna Potocka, in Szymborska, Kolaże / Collages, cit., p. 25.
(24) M. Baranowska, A fragment for the Emperor, cit., p. 45.
(25) S. Chwin, Jak istniejemy w głowie żółwia?, «Kwartalnik artystyczny», 2014, n. 1, p. 71. (26) M. Ernst, Al di là della pittura, in Id., Scritture, Rizzoli, Milano, 1970, p. 253. (27) A. Bikont, J. Szczęsna, Cianfrusaglie del passato..., cit., p. 233. (28) M. Baranowska, A fragment for the Emperor, cit., p. 43. Ligęza ha definito veri e propri “collages testuali” le poesie in cui Szymborska innesta tra loro frammenti di frasi idiomatiche (W. Ligęza, Wstęp, in W. Szymborska, Wybór poezji, a cura di W. Ligęza, Wrocław, 2016, pp. CCIII-CCIV, e Id., Gry frazeologiczne Wisławy Szymborskiej, «Rocznik Towarzystwa Literackiego im. Adama Mickiewicza», 1996, n. 31, pp. 27-39).
(29) P. Éluard, 152
proverbes mis au goût du jour en collaboration avec Benjamin Péret, Gallimard, Paris,
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