PERCHÉ PANI WISŁAVA CI PIACE TANTO?
di Luca Bernardini
Della
popolarità di Wisława Szymborska
in Italia testimoniano sicuramente le nude cifre delle vendite: gli otto titoli
pubblicati da Adelphi hanno venduto ben duecentomila copie, con il record delle
90.000 de La gioia di scrivere. Il
successo è stato ininterrotto, dal momento che già Vista con granello di sabbia vendeva ben 38.000 copie, Due punti - 28.000, Basta così - 18.000. I
dati sembrerebbero attestare una ricezione in primo luogo come autrice lirica,
ma settemila copie di una raccolta di elzeviri (le Letture facoltative) dedicati in gran parte a libri non pubblicati
in Italia e appartenenti a una tradizione letteraria spesso considerata distante,
dimostrano come il successo di W.S. riguardi l'autrice nel suo complesso. Ora, una
prima osservazione che si può effettuare a questo riguardo è sicuramente legata
all'attività svolta da Pietro Marchesani non solo come traduttore, ma anche
come divulgatore dell’opera di W.S. Prima che W.S. approdasse ad Adelphi nel
1998, l’editore Scheiwiller avevano ripubblicato per ben sei volte Gente sul ponte, e alla conoscenza della
poetessa hanno contribuito sia il ponderoso volume della Nave Argo uscito per
Adelphi nel 2008, sia l'esile volumetto Venticinque
poesie pubblicato da Mondadori dieci anni prima, per non parlare del Taccuino d'amore uscito presso
Scheiwiller nel 2002. La cifra di questa attenzione ecologica
all'ambiente è la condensazione aforistica, la capacità di sintetizzare un più
ampio ragionamento filosofico ed esistenziale in una breve illuminazione
lirica. Il segretario Michał
Rusinek nei suoi ricordi intitolati Nic
zwyczajnego (Niente di ordinario) ci spiega la genesi della poesia Mała dziewczynka sciąga obrus: il
segretario di Wisława Szymborska stava rispondendo al telefono quando la figlia
Natalia, approfittando della momentanea assenza del padre, aveva afferrato la
tovaglia stesa sul tavolo, facendo cadere sul pavimento tutto quello che vi si
trovava: "Anziché dire «pronto?» gridai nella
cornetta qualcosa di inarticolato. La signora Wisława – perché naturalmente era
lei a telefonare – mi chiese che cosa fosse successo. Descrissi la situazione
aspettandomi da parte sua almeno una minima espressione di compassione. Niente
di tutto questo. Non da una poetessa. Sentii solo: «Sa cosa? È un buon tema per
una poesia». E riattaccò (4). La
poesia ha effettivamente visto la luce e si intitola (in italiano) Una bimbetta tira la tovaglia: È
da più di un anno che si è al mondo e
a questo mondo non tutto è stato studiato e
messo sotto controllo. Ora
sono sotto esame le cose che
non possono muoversi da sole. [...]
Ma
la tovaglia sul tavolo ostinato –
se afferrata bene per gli orli – manifesta
già la volontà di viaggiare. e
sulla tovaglia i bicchieri, i piattini, la
brocchetta con il latte, i cucchiaini, la scodella addirittura
tremano per la voglia. È
interessante, quale
movimento sceglieranno quando
ormai vacilleranno sul bordo: un
viaggio lungo il soffitto? un
volo intorno alla lampada? un
salto sul davanzale e di lì sull'albero? Il
signor Newton non ha ancora nulla a che fare con questo. Guardi
pure dal cielo e agiti le braccia. Questo
esperimento deve essere fatto. E
lo sarà (5). Il Newton che compare alla fine
della poesia, per Czesław Miłosz – collega di Nobel, amico ed esegeta delle
poesie di W.S. – è stupito, tanto quanto la bambina, dalla forza di gravità, al
punto di conferirle la valenza di una legge, di un principio che non riguarda
soltanto la fisica, bensì l'esistenza umana nel suo complesso: la legge dell'irreversibilità
del rapporto tra causa ed effetto, ovvero il principio del moto unidirezionale del
tempo. Tirando la tovaglia e facendo cadere tazze e bicchieri dalla tavola, la
bambina comprende che ciò che è accaduto non potrà disaccadere, dal momento che
il tempo, in forza di decreti insondabili, funziona in un’unica direzione. Miłosz crede che nello stupore della
bambina si nasconda quel rifiuto del principio di necessità che sta alla base
della filosofia di Søren Kierkegaard o di Lev Šestov, convinti entrambi che
nella libertà divina sia insita anche quella di invertire il corso delle cose. In
un crescendo di argomentazioni filosofiche, Miłosz arriva alla Leggenda del
Santo Inquisitore contenuta nei Fratelli
Karamazov, ai Dodici di Aleksandr
Blok e all’opera di Simone Weil, svelando nel modo più naturale e convincente
"come sotto l'apparenza di una poesiola innocente si nasconda un abisso in
cui possiamo inoltrarci senza fine, quell'oscuro labirinto che – volenti o
nolenti – dovremo visitare sul concludersi della nostra esistenza" (6). Ora,
se può essere vero che anche il lettore più sprovveduto è in grado di
accorgersi del potenziale filosofico compresso all'interno del testo, c'è anche
da immaginare che sia grato a W.S. proprio per questa sua ecologica, estrema
condensazione, una concisione che gode di risonanza e popolarità in un momento
storico, artistico e culturale, orientato verso la sintesi, l'ellissi, il
minimalismo espressivo: si pensi per esempio al linguaggio dei social media. Valerio Magrelli qualche
tempo fa scriveva su «Repubblica» a proposito di una parola poetica che
"suggerisce e illumina proprio per la sua brevità", e la cui forza –
oggi – sembra essere strettamente legata alla sua natura "portatile,
veloce, trasmissibile" (7). A riprova, è possibile segnalare l'occorrenza
di un neologismo, coniato per l'appunto da una blogger letteraria,
il termine "recesława",
per
definire le divagazioni su quei testi che – cito [errori di sintassi
compresi: non me ne voglia l'appassionata blogger!] – "sembrano avere
meno dignità – sono meno eleganti, meno fighi, meno complessi di
molta altra roba che si vuole adatta a lettori colti e preparati – ma
che potrebbe [sic!] avere qualcosina da dirci, o potrebbe diventare un
buon punto di partenza per un’informale chiacchierata" (8). Incertezze di italiano a parte, la
chiarezza cartesiana dell’argomentare di W.S. sembrerebbe pertanto attagliarsi perfettamente
all'universo comunicativo dei new media
e alla sensibilità linguistica che questi hanno finito con lo
sviluppare. E ho
l'impressione che alle modalità comunicative di oggi si addicano
in modo
straordinario la cultura, l'erudizione (filosofica, artistica,
letteraria), ma
anche e soprattutto l'attenzione per il dettaglio quotidiano, per le
piccole
cose, per il testo marginale che W.S. ha sempre dimostrato. Quella di
W.S. non
è una cultura esclusivamente letteraria: era solita dire che i
critici di
poesia non leggono i libri di divulgazione scientifica o botanica, e
proprio
per questo non sono in grado di capire fino in fondo la poesia
contemporanea. Ci
spiega ancora la blogger letteraria: "Il perché di questo
guazzabuglio di letture [si riferisce al carattere apparentemente
eterogeneo dei testi scelti per le Lektury nadobowiązkowe. L.B.]
ce lo spiega proprio la siora Wislawa – nella recesława di un libro
dedicato alla costruzione di un terrario –, a lei è «sempre
piaciuto accumulare nozioni superflue. D’altra parte, come si fa a
sapere in anticipo che cosa sia necessario e che cosa no?» (pagina
39). E anche questa me la segno, perché riesce a dare un senso a
tante mie sconclusionate scorpacciate libresche". Messa in termini un
po' più pedanti ed accademici, sembra evidente come una delle
cause della popolarità di W.S. sia il fatto che nei suoi testi,
lirici o in prosa, vi sia lo stesso afflato universale dell'enciclopedismo
illuministico, e come questo l'abbia posta al sicuro dai ghetti identitari, dagli
idoleggiamenti etnici, da quella etnolatria sbandierata da tanto romanticismo
deteriore che oggi – all'est come all'ovest – sta tornando rapidamente e tragicamente di
moda, ma che di fatto, ci ricorda la poetessa, non si è mai estinta: Religione
o non religione - Purché
ci si inginocchi per il via. Patria
o no – Purché
si scatti alla partenza. Anche
la giustizia va bene all'inizio. Poi
corre tutto solo. L'odio.
L'odio. Una
smorfia di estasi amorosa gli
deforma il viso. O,
quegli altri sentimenti – malaticci
e fiacchi. Da
quando la fratellanza può
contare sulle folle? La
compassione è mai giunta
prima al traguardo? Il
dubbio quanti volenterosi trascina? Lui
solo trascina, che sa il fatto suo (9). Dell'atteggiamento
congetturale, della fascinazione ipotetica, del salvifico dubbio così a lungo
coltivati dall’autrice di Gente sul ponte
oggi sembra esserci bisogno più che mai. Milano,
gennaio 2018 NOTE (1)
R. Galaverni, Le parole per dire
"Non so", «La Lettura», supplemento del «Corriere della Sera»,
25/11/2012, p. 18. (2)
Il traduttore di Wisława Szymborska, in una sua intervista rilasciata ad Anna
Małyszkiewicz, sottolineava come – ad esempio – l'opera poetica di Zbigniew Herbert
in Italia venisse percepita come "troppo moralista": "Non c'entra
molto con la nostra cultura, ci sono poesie che dicono: 'sii fedele, va', 'vivi
per dare testimonianza' [...] [Q]uella sua severità, quel suo moralismo, quel
suo eroismo etico non c'entrano niente con noi". Cfr. La poesia non può essere amata per descrizione, Pl.It Rassegna
italiana di argomenti polacchi, 2013,
https://plitonline.it/2013/plit-4-2013-317-329-pietro-marchesani-anna-malyszkiewicz
[consultato il 24/01/2018)]. (3)
W. Szymborska, Posta letteraria ossia
come diventare (o non diventare) scrittore, Libri Scheiwiller, Milano,
2002, p. 75. (4) M. Rusinek,
Nic
zwyczajnego,
Znak, Kraków,
2016. L'editore Adelphi ha in programma la pubblicazione di Nulla di ordinario per la cura di Andrea
Ceccherelli, cui si deve la traduzione del passo. (5) W. Szymborska, Una bimbetta tira la tovaglia, in La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), traduzione e
cura di P. Marchesani, Adelphi, Millano,
2009, p. 585. (6) Cz, Miłosz,
Szymborska i wielki Inkwizytor, in O podróżach w czasie, Wydawnictwo Znak, Kraków, 2010, p. 177. La traduzione dal polacco è mia [L.B.]. (7) V. Magrelli, La
rivincita della poesia, «la Repubblica», 4 marzo 2012, p. 45. (8) https://gaialodovica.wordpress.com/2014/07/15/letture-facoltative-di-wislawa-szymborska/
[consultato il 28 /01/2018]. (9) W. Szymborska, L'odio, in La gioia di scrivere, cit., p. 507. Home page Indice collage di W. Szymborsak |