TORRICELLI: COAZIONE A SPERIMENTARE “La strategia promette
eversioni, obbietta obbiettanze. Agisce azioni?” (1) Con questa arguta domanda
retorica, Bruno Lo Monaco discettava, imitandone lo stile, dell’operazione
poetica di Gian Pio Torricelli messa in atto nel suo primo libro, Dunque Cavallo, pubblicato da Sampietro
nel 1965. La risposta – affermativa – va rintracciata nel fulmineo passaggio di
Torricelli attraverso la letteratura italiana, basandosi tutto sui suoi scritti
e nulla sulle poche tracce biografiche ricostruibili (2). E il teschio dolicocefalo
e prognato/ spinta all’indietro ogni tanto come per una ticchiosi dello splenio (“Una cosa che Silvia è riuscita a
fare”); nella quadratura del cerchio mediante cocleoide e dalle equidifferenze/
della sua equazione quartica salgono le antifone alleluiali bollicine…
(“Punching-ball”).
A qualche raro semplice
gioco di parole (“all’ombra delle fanciulle in forse”, “tartarighe”), si
affianca un vortice di neologismi incentrati soprattutto sulla terminologia
medica e scientifica (esempio perfetto “Neolalia a requiem”) (4). Si evince nei
suoi versi e nella sua prosa ciò che chiamerei un atteggiamento anti-ironico
della scrittura: nonostante affiorino qua e là puns (però scarsissimi numericamente), il deturpamento della lingua
è talmente invasivo da risultare sempre “serio,” opaco e greve, e il grottesco
stesso, presente, appare come un “virus radioattivo brulicante nella piaga” per
citare un verso di “A proposito di sostanze liquide gasificabili”, quartultima
poesia della raccolta.
Carne amorfa d’eulindrosma
fasciato di nermo alla monezitrina […] (5) Benopio di Bellatrix la tentò quando
nella zona Cassiopea, segetendo la xo di Algòt, fruolinto in cerchio da
7000.00000.00 ruomi di Riegel, mentre gli ugeridi andromedi sezionavano lo
sfonnio relettivo nel prommo uliccoiedrinopale, e lo svuopo del rincenodio
oloonettava la erpoida unilissa: X: Oe717 = X °°. (6) cioè, secondo il
compleuno di noviesta, o fra un’isola e la terra ferma. (7) Parte finale del
monosfedo (9).
Note 2) Le minime che sono in grado di fornire le devo
ai suoi nipoti Maria Pia Bonacini e Francesco Messori e agli scrittori Carlo
Alberto Sitta e Maurizio Spatola. Nato a
Modena il 6 settembre 1942, dopo aver frequentato l’Istituto d’Arte Venturi
della sua città natale, si diploma maestro d'arte. Esordisce pubblicamente come
pittore, in una mostra collettiva nel 1962, sempre a Modena, insieme a Claudio
Parmiggiani. È probabilmente attraverso di lui che Gian Pio entra poco più che
ventenne ad orbitare nel gruppo dei Parasurrealisti fondato da Adriano Spatola
e Giorgio Celli a Bologna. È del 1966 la performance alla quarta riunione del
Gruppo 63 di La Spezia, che fece di lui e di Patrizia Vicinelli, per un brevissimo
periodo, le “stelle” della nuova avanguardia italiana. Ci sarà poi l’esperienza
di Fiumalbo del 1967 - gran meeting di artisti di tutto il mondo che per alcuni
giorni invadono il paesino emiliano - e la pubblicazione nel 1968 del suo
secondo libro per Lerici. La pista si perde in seguito a una vicenda non
verificata e raccontata da un peraltro impreciso Sebastiano Vassalli, episodio
che riporto:“Gli agenti della questura di Modena lo presero un giorno che stava
deduto [sic] sulla «pietra ringadora» a fumare una malboro [sic] – così a me i
fatti sono stati raccontati – e gli contestarono l’uso di sostanze stupefacenti
(hashish). In galera diede in escandescenze: fu trasferito al manicomio
criminale di Reggio Emilia, dove ebbe come difensore Corrado Costa.” Sebastiano
Vassalli, Arkadia. Carriere, caratteri,
confraternite degli impoeti d’Italia. Bergamo: El Bagatt, 1983. 12.
Attualmente vive a Modena con la famiglia, gravemente malato. 3) Adriano Spatola, “Cinque poeti” Nuova
corrente 37 (1966) 125. 4) Riporto solo i primi tre lunghi versi: “Ventisei olti sono prusi a
deligendere gli stopli della pogreunta minacciosa/ la minerva ulaticcia non
cole i fossenti del potrio accidentale e da quando/ fretuo è fretuo la fione
d’alutrizia è ruguria missionaria.” 5) Così lo ricorda proprio Albertazzi: “Gian Pio Torricelli, autore di
poesia che ‘diventa provocazione, attacco frontale, mimesi ironica e assurda di
una schizofrenia calcolata’ [secondo Spatola], cercava soprattutto di
«aggredire» il lettore per costringerlo – con l’insolito – in una deviazione
dall’abituale.” Ferdinando Albertazzi, “Du surréalisme al parasurrealismo” Pianeta (Maggio-Giugno 1971) 80. 6) Gian Pio Torricelli, “Evirtualizzazione di una identità
ideologica-linguistica” Trerosso 2
(1966) 29. 7) Spatola, “Poeti” 124. 8) Si prenda come esempio la nota che interrompe la
seguente frase che apre un breve racconto torricelliano: “Accadde inoltre che
una delle tante estensioni paraesecutive o metaparlamentari della Delibera
Eugenetica diede subito luogo alla seguente: ORDINANZA ORTOLAVORATIVA
PECULIARE.” Il rimando a piè di pagina situato dopo le parole “Delibera
Eugenetica” così recita: “Il cagnetto che dondola la testa dal lunotto
posteriore.” Gian pio Torricelli, “Ordinanza Ortolavorativa Peculiare” Nuova Corrente 42-43 (1967) 268. 9) Gian Pio Torricelli, “Stechiotrono” Tau/ma
1 (1975) 1, 4. 10) Torricelli, “Evirtualizzazione” 30.
11) Fu proprio Spatola, a proposito di questo libro, a parlare di “gesti
terroristici.” Adriano Spatola, Impaginazioni.
San Polo D’Enza: Tam Tam, 1984. 64. 12) Da qui l’introduzione di Freud della pulsione di morte a fianco di
quella di piacere, come lo stesso psicanalista chiarisce verso la fine del suo
famoso saggio: “L’aver riconosciuto che la tendenza dominante della vita
psichica, forse della vita nervosa in genere, è lo sforzo che trova espressione
nel principio di piacere, inteso a ridurre, a mantenere costante, a eliminare
la tensione interna provocata dagli
stimoli […], è in effetti uno dei più forti argomenti che ci inducono a
credere nell’esistenza delle pulsioni di morte.” Sigmund Freud, Al di là del principio di piacere.
Torino: Bollati Boringhieri, 1990. 89-90. 13) K. Jürgen Von Fuerbach, “Introduzione” Gian Pio Torricelli, Coazione a contare. Milano: Lerici, 1968.
p.n.n. 14) Von Fuerbach p.n.n. 15) Umberto Eco “Prolusione.” Il
gruppo 63 quarant’anni dopo. A cura di Renato Barilli, Fausto Curi e Niva
Lorenzini. Bologna, Pendragon, 2005. 41. 16) Scrive Spatola all’uscita del libro: “Non è certo per caso che Coazione a contare si presenta come un
romanzo… Una volta arrivati alla dissoluzione del genere letterario (qualunque
esso sia) è possibile dare infinite false indicazioni sulla reale consistenza
di un’opera, ma quello che conta è che Torricelli si rifiuti di dare un
prodotto al lettore, e gli offra invece lo schema di un gioco, il pretesto per
un’invenzione.” Spatola, Impaginazioni
56. 17) Torricelli, Coazione p.n.n. 18) Vassalli dedica proprio a Torricelli (e a Dino Campana) il suo Arkadia – pamphlet che segna la sua uscita dall’ambiente neoavanguardista – e
così lo rammenta (con alcune imprecisioni: il libro è del 1968, e il numero a
cui si arriva è il 5132 e non il 5000): “Io ricordo di aver conosciuto
Torricelli a Fiumalbo, nel 1967, quando godeva d’una sua piccola notorietà per
aver fatto l’eco a Umberto Eco e per aver pubblicato con le vecchie edizioni
Lerici un volumetto intitolato Coazione a
contare: che partendo da uno, due, tre arrivava a
quattromilanovecentonovantotto, quattromilanovecentonovantanove, cinquemila.
Fine.” Vassalli 12.
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