CREAZIONE E COSTRIZIONI
NELLA PRODUZIONE LETTERARIA
di
Georges Perec
Vorrei parlarvi di un settore di attività che rimanda un
po' a tutto quello che faccio, ma in un ambito più preciso che è
quello della poesia. E ve ne parlerò attraverso la descrizione,
con qualche esempio, del lavoro che faccio all'interno di un gruppo che
si chiama Oulipo.
Oulipo vuol dire «Ouvroir de Littérature Potentielle
[Opificio di Letteratura Potenziale]». «Opificio» è
una vecchia parola che è un po' il sinonimo di atelier. Più
precisamente, un opificio è il luogo che si trova a fianco della
casa del curato, dove le donne della parrocchia si riuniscono per sferruzzare
dei maglioni destinati ai poveri. C'è qualcosa... una specie di
attività, di lavoro - «ouvroir [opificio]» è
forgiato sulla stessa parola di «œuvre [opera]», - ma con qualcosa,
diciamo, di modesto e per niente ambizioso. «Letteratura» in
linea di massima tutti sanno cosa significa. «Potenziale»,
è più difficile: «potenziale» si riferisce a
qualcosa che è... potremmo dire... potenziale... in potenza nella
letteratura, cioè che si trova all'interno del linguaggio e che
non è stato necessariamente esplorato. Si può dire, in un
certo qual modo, che noi cerchiamo... che l'Oulipo è un gruppo che
tenta di vedere come funziona il linguaggio, per dei fini che possono essere
effettivamente, ma non necessariamente generatori di finzione letteraria
o di poesia.
Faccio una breve storia storica del gruppo. Il gruppo Oulipo
è stato fondato nel 1961, subito dopo un decennio consacrato al
romanziere Raymond Queneau che è uno dei due fondatori del gruppo.
È stato fondato da Raymond Queneau e da un uomo che è una
specie di... l'ultimo enciclopedista vivente, che si chiama François
Le Lionnais, uno storico delle scienze, storico delle Matematiche, specialista
di problemi di scacchi - e che non è uno scrittore. Intorno a lui
si sono raccolte persone che avevano in comune, all'inizio, l'amicizia
con Raymond Queneau. Fra di loro, c'erano degli scrittori, per esempio
i romanzieri Jacques Bens e Jacques Duchateau. C'erano dei poeti come Jean
Lescure o Jean Queval. C'erano anche dei critici come Albert-Marie Schmidt,
un grande critico della letteratura francese del Rinascimento; un vecchio
surrealista, poeta e scrittore, che si chiama Noël Arnaud, grande
specialista di Jarry e di Boris Vian. E c'erano persone che non erano affatto
scrittori e che erano... per esempio, c'era un informatico che è
Paul Braffort e un matematico che si chiama Claude Berge. Oggi [1981, n.d.r.],
i membri dell'Oulipo sono diciannove. Fra di loro ci sono principalmente
dei francesi, ma c'è anche un romanziere italiano, Italo Calvino
e un romanziere americano, Harry Mathews.
L'idea di base dell'Oulipo è un'idea, diciamo, di curiosità.
Fra le numerose definizioni dell'Oulipo fornite dagli stessi membri dell'Oulipo,
c'è per esempio questa: «un Oulipiano è un topo che
costruisce il labirinto da cui si propone di uscire più tardi».
Un'altra definizione che trovo molto... molto elegante è stata data
da Italo Calvino. Italo Calvino dice: ci sono dei corridori che si chiamano
sprinters, che sono molto, molto bravi quando corrono in linea retta nei
cento metri; e ce ne sono altri che corrono meglio quando, sulla pista,
ci sono degli ostacoli, ed è ciò che chiamiamo corridori
a ostacoli - 110 metri a ostacoli, 400 metri a ostacoli, ecc. In effetti
l'oulipiano fa un po' la cosa seguente... per arrivare a perseguire ciò
che vuole, comincia col mettere un certo numero di ostacoli sul cammino
che lo condurrà a quello che cerca, e questi ostacoli, li chiama
costrizioni (contraintes), diciamo regole (1). Un'altra definizione
dell'Oulipo è: «un oulipiano è uno scrittore non jourdainiano».
Ma, che cos'è uno scrittore jourdainiano? È un signore che,
come Monsieur Jourdain, fa della prosa senza saperlo - si trova nel Borghese
gentiluomo. Ora, un oulipiano è qualcuno che, invece, vorrebbe
fare della prosa sapendo di farla. E forse una fra le più illuminanti
definizioni dell'Oulipiano è: l'oulipiano si comporta di fronte
al linguaggio e alla letteratura, alla scrittura, alle forme del passato,
un po' come un bambino a cui diamo una sveglia. La smonta per sapere come
funziona. Credo che si cerchi di fare un po' la stessa cosa con il linguaggio.
Proviamo a smontarlo per vedere come funziona e che cosa c'è all'interno
di esso che gli permette di funzionare e che permette a noi di arrivare
a quello che si cerca.
Ci è stato spesso rimproverato che questa parola costrizione
introduceva qualche cosa di abbastanza peggiorativo, del genere... un obbligo,
una regola molto forte. In realtà, questa costrizione non la percepiamo
per niente come una prova, e neppure come una restrizione. Si contrapoppone
ciò che sarebbe in inglese la distizione fra constraint e
restraint
(2). In effetti, ciò che cerchiamo è qualcosa che stimoli
la nostra creatività, qualcosa che funzioni un po' come una pompa,
una pompa aspirante grazie alla quale, attraverso l'esercizio della costrizione,
si arrivi a produrre qualcosa. In qualche misura, l'Oulipo non è
un'arte di scrittura, ma un impulso alla scrittura, è una sorta
di scuola di apprendistato; i prodotti dell'Oulipo all'inizio sono delle
cose elementari, le cui regole si definiscono molto, molto facilmente.
È un po'... Questi esercizi che vi presenterò fra poco, sono
un po' analoghi alle scale musicali che fa un pianista tutte le mattine,
per due o tre ore, prima di mettersi a suonare Schumann o Chopin, o quello
che gli pare. Voglio dire: prima di cominciare a suonare, a fare qualcosa
in cui, diciamo, si immedesima pienamente o in cui si lascia andare completamente,
incomincia a sgranchirsi le dita facendo delle scale. Credo che quello
che cerchiamo di fare è di sgranchirsi un po' con la penna prima
di cominciare...
Si può allo stesso modo paragonare l'Oulipo... l'Oulipiano
a un matematico che postula qualcosa e che studia le conseguenze di questo
postulato. L'esempio che presento - non sono per niente un matematico,
ma però... Supponiamo, dice un matematico, che le parallele si incontrino
molto prima dell'infinito, in quel momento otterremo una geometria che
chiameremo non euclidea di cui studieremo le proprietà, forse interessanti
quanto le proprietà dello spazio nel quale le parallele non si incontrano.
Nello stesso modo, diciamo... un Oulipiano dice: supponiamo che la lettera
«e» sia sparita dall'alfabeto, come si scriverà una
storia? Dunque, evidentemente, la prima cosa che viene in mente, è
dire: non si può scrivere una storia senza la lettera «e»,
non è possibile, non si può, non si può fare niente.
Non si può dire: «je veux dormir» poiché nel
«je» e nel «veux» abbiamo la lettera «e».
Ma si può dire: «allons dormir!» Si può dire:
«J'ai faim». Si può dire: «J'ai soif». Si
può dire: «Mangeons». No, non si può dire «Mangeons»!
Si può dire: «Bouffons». E poco a poco, attraverso questa
specie di proibizione formale, e diciamo formalista, nascerà un
circuito di produzione di racconto che, in qualche modo - ed è in
ogni caso l'impressione che ho avuto scrivendo La Disparition -
mina completamente tutto il lavoro di scrittura. Vale a dire che la scomparsa
della «e» si fa carico interamente del romanzo.
[A questo punto della conferenza, Perec espone alcuni esempi di esercizi:
un tautogramma (un testo con parole che iniziano tutte con la stessa lettera),
una «palla di neve» (un testo con parole via via più
lunghe), un monovocalismo (un testo in cui viene utilizzata una sola vocale),
la «costrizione del prigioniero» (un testo in cui sono utilizzate
solo parole che tipograficamente non hanno segni grafici in alto e in basso,
come la «p» e la «d», e dove non ci sono «i»,
virgole, cediglie; quello riportato da Perec nella sua conferenza è:
«ouvre ces serrures caverneuses»), il «bel regalo»
(testo scritto utilizzando le sole lettere che compongono il nome e il
cognome di un personaggio cui il testo stesso è dedicato), ecc.
e poi lascia un po' di spazio ad alcune domande del pubblico].
Note al testo a cura di Mireille Ribière e Dominique Bertelli.
(1) Noi [ovvero Mireille Ribière e Dominique Bertelli, curatrici
del volume di Georges Perec Entretiens et conférences, 2
voll., Joseph K., Mayenne 2003, n.d.r.] non abbiamo ritrovato questa definizione
[dello scrittore oulipiano, n.d.r.] nei testi tradotti in francese di Italo
Calvino. Perec utilizza la stessa immagine nell'intervista italiana del
novembre 1981 [«Georges Perec, romanzi e cruciverba», intervista
a cura di Laura Lilli, la Repubblica, 18 novembre 1981, anche in
versione francese in Entretiens et conférences, vol. II,
Joseph K., Mayenne 2003, pp. 324-328].
(2) Nella parola constraint (dal francese antico «constraindre»)
prevale la nozione di obbligo; mentre in restraint (dal francese
antico «restraindre») quella di limite.
Nota
Questo è il testo (parziale) di una conferenza tenuta da
Georges Perec il 29 ottobre 1981 all'Istituto di lingue romanze dell'Università
Copenaghen. Si tratta della trascrizione realizzata da Dominique Bertelli
e Mireille Ribière a partire da una registrazione video ritrovata
da Steen Bille Jørgensen e conservata nel fondo documentario dell'Istituto
di lingue romanze.
Il linguaggio di Perec è decisamente colloquiale (con
molti intercalari come «diciamo»): la cosa non deve stupire
trattandosi della trascrizione di una conferenza il cui testo non è
stato rivisto dall'autore.
Il testo della conferenza di Perec compare alle pagine 307-323
del secondo volume Entretiens et conférences, curato da Dominique
Bertelli e Mireille Ribière, per l'editore Joseph K., uscito nel
2003.
La traduzione dal francese è di Alessandra Barsi.
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