di Thomas Bernhard A Vienna, città nella quale la
brutalità
e l'impudenza nei confronti dei pensatori e degli artisti è
sempre
stata immensa, e che sicuramente può essere definita il
più
grande cimitero delle fantasie e delle idee esistente al mondo, e dove
sono stati guastati e rovinati e annientati mille volte più
genii
di quanti siano i genii che a Vienna si sono effettivamente messi in
luce
e sono giunti alla fama e alla celebrità mondiale, è
stato
trovato morto in un albergo del centro un uomo che in piena
lucidità
ha scritto su un biglietto il motivo vero del proprio suicidio e si
è
appuntato questo biglietto alla giacca. Per decenni, vi si legge, egli
aveva inseguito un'idea, e questa sua idea, logicamente un'idea
filosofica,
era riuscito effettivamente a realizzarla e a portarla a conclusione in
un'opera poderosa, e alla fine tutte le sue forze erano state divorate
da questa idea. Ma il riconoscimento che si era aspettato
non era venuto. Benché avesse finito col mendicarlo, il
riconoscimento
gli era stato rifiutato dalle istituzioni e dalle persone che avrebbero
dovuto concederglielo. A nulla era servito che egli avesse fornito
tutte
le prove dell'eccezionalità della sua opera. Non era stata
soltanto
l'invidia dei colleghi a spingerlo verso la morte, ma anche tutta
l'atmosfera
di questa città così nemica dell'intelligenza, la sua
imbecille
disumanità. Ma lui, prima ancora del suicidio, non volendo
smentire
il proprio carattere, aveva bruciato la sua opera, aveva bruciato e in
pochi istanti effettivamente ridotto in nulla l'opera della sua vita,
dopo
che erano occorsi decenni per metterla insieme, e non aveva voluto
lasciarla
a un mondo che in nessun caso la meritava. L'orrenda prospettiva che
anche
lui, come tanti suoi simili, solo dopo la morte sarebbe stato
riconosciuto
e quindi sfruttato e celebrato, l'aveva indotto a distruggere il frutto
delle sue ricerche, che effettivamente era da apprezzare assai
più
di tutto quello che finora era stato pensato e scritto in quel campo.
La
città di Vienna, da quando esiste, così egli ha scritto
al
termine del suo biglietto, vive delle opere dei suoi geniali suicidi, e
lui non aveva nessuna intenzione di essere un anello in questa catena
di
genii.
Fonte: Thomas Bernhard, «Genio», in L’imitatore di voci, trad. di Eugenio Bernardi, Adelphi, Milano, 1987, pp. 161-162. Home page |