Max Aub
QUATTRO "DELITTI ESEMPLARI"
INEDITI
a cura di Vittoria Biagini
Mi disse che l’avrebbe pubblicato a maggio, poi a giugno,
poi a ottobre. Passò l’inverno, ma quando arrivò la primavera
mi si rivoltò il sangue. Era il mio secondo libro! Quello decisivo,
capitale. Che lo sia stato anche per il giovane editore, mi rincresce.
Ma mi ringrazieranno in molti. Sicuramente attirerà l’attenzione
e sarà una buona pubblicità.
Anche se era mia zia Maria… a me nessuno mi chiude in
casa quando ho promesso ai miei amici che sarei andato a giocare con loro.
E poi non hanno un centravanti come me… nemmeno a sognarlo! Forse l’ho
spinta un po’ troppo forte… la colpa non è mia. Avrebbe dovuto reggersi
un po’ più forte alla ringhiera delle scale. Per di più era
sempre a spiarmi. Sempre a riferire tutto alla mamma…
1
Guardi, signore, non vada contro le mie idee. Non lo
tollero. Accetto le sue: lo faccio per lei. Se le tenga pure, le mastichi,
le digerisca, le espella, se così le piace. Generalmente gli uomini,
da un paio di secoli, credono di essere il meglio dell’umanità.
Il non plus ultra. Ok. Andrà bene per loro. Io sono convinto del
contrario, cioè che tutti siamo dei figli di puttana per il fatto
stesso di essere uomini. Da molto tempo è stato dimostrato che l’uomo
è riuscito a addomesticare la sua natura a forza di cattiveria,
ingratitudine, istinti assassini, bastonate, sassate, colpi di machete,
spari, ipocrisia, omicidi a volontà, schiavitù. Qualunque
uomo, solo per il fatto di esserlo, è un figlio di puttana. Non
metto in dubbio che altri la pensino diversamente. Per me il più
imbecille di tutti – doveva essere uno svizzero – fu Jean Jacques Rousseau.
Con queste idee, c’è forse da stupirsi che io sia una persona perbene?
Il fatto che abbia ucciso don Jesus non ha niente di particolare: non doveva
un centesimo a nessuno.
2
Penso, dunque sono, disse l’uomo famoso. Gli alberi del
mio giardino sono, ma non credo che pensino, e questo dimostra che il signor
Renato non era nel pieno delle sue facoltà e che la stessa cosa
accade con altri individui. Mio suocero, per esempio: è e non pensa.
O il mio editore, che pensa e non è. E se lo mettiamo al contrario,
non funziona ugualmente. Non esisto perché penso, né penso
perché esisto. Pensare è un fatto, esistere è un mito.
Io non esisto, sopravvivo, vivere – ciò che si dice vivere – riguarda
solo quelli che non pensano. Quelli che si mettono a pensare non vivono.
L’ingiustizia è troppo evidente. Basterebbe pensare per suicidarsi.
No, signor Descartes: vivo, dunque non penso, perché se pensassi
non vivrei. Si potrebbe perfino fare un bel sonetto: penso dunque non vivo,
se vivessi non penserei, signore… ecc… ecc. Se per vivere ci fosse bisogno
di pensare, si sta freschi. Ma, in fin dei conti, se voi siete convinti
che è così, sono innocente, totalmente innocente, visto che
non penso e non voglio pensare. Dunque, se non penso non sono e se non
sono, come posso essere responsabile di quella morte?
Una nota della curatrice e traduttrice
I delitti che compaiono in questa pagina sono apparsi
per la prima volta nel 1972, nell’edizione spagnola dei Crímenes
ejemplares, pubblicata dalla casa editrice Lumen di Barcellona. Se
nella prima edizione del libro - pubblicata in Messico nel 1957 - figuravano
87 omicidi immaginari, nell’edizione Lumen compaiono ben 136 delitti. In
Italia i Delitti esemplari, editi da Sellerio, sono la traduzione
dell’edizione messicana del 1957. I quattro delitti che qui vengono
proposti sono dunque ancora inediti in Italia.
Vittoria Biagini
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