I PARAPARALIPOMENI
(Ovvero i Paralipomeni dei Paralipomeni della
Batracomiomachia nuovamente ritrovati e tradotti)
(Canto III)
di
Luca chiti

Benché il curatore e traduttore di questi Paraparalipomeni propenda più per una interpretazione “filosofica” dell’opera che si presenta come la continuazione dei Paralipomeni leopardiani, egli non può tuttavia sorvolare sulla curiosa circostanza che coloro che sin qui l’hanno letta ne abbiano ricavato invece una idea prevalentemente “politica”, individuando nei fatti e nei personaggi significativi aspetti che rimanderebbero a vicende e protagonisti della recente storia italiana e non solo. A lui pare un evidente anacronismo data l’antichità del malandato codice che la contiene. E tuttavia è difficile negare che, dietro a figure, razze o luoghi come Degranchitopo, Rodiriso, il pipistrello, il Buco oscuro e via dicendo (solo per restare al terzo dei trentanove canti più un frammento del quarantesimo che compongono il poemetto) si abbia incredibilmente l’impressione di scorgere nelle linee generali, e spesso anche nei particolari, elementi a conferma della impossibile tesi politica. Misteri dell’arte.
Certamente del tutto immaginarie appaiono invece le figure, già presenti in Leopardi, di Assaggiatore e del suo ospite, il probo Conte Leccafondi, che lo sta ad ascoltare mentre quello gli racconta gli avvenimenti che si sono verificati a Topaia durante il lungo periodo del suo esilio. Anche il mite Stecchetto, che non è presente nel Leopardi, parrebbe appartenere alla medesima categoria.
L’episodio che segue si colloca dopo che in Topaia è stata celebrata la Liberazione dall’oppressione dei Granchi di Camminatorto e dopo che, proprio in occasione della prima riunione del parlamento, si è determinata una imprevista e radicale frattura fra la fazione di Degranchitopo e quella di Rodiriso, che pure nella gioia del glorioso momento avevano sfilato insieme fra due ali di popolo, uniti e solidali nel comune ideale di libertà.
Assaggiatore cerca di individuarne fatti e circostanze capaci di dare ragione dell’accaduto.
 
 

CANTO III

I
Dice nel terzo canto il vecchio testo
che aprì uno sportellino Assaggiatore
e poi dalla bottiglia con bel gesto
versò due bicchierini di liquore;
infine ritornato lesto lesto,
porgendone uno al conte ascoltatore,
si sedette di nuovo e, più disteso,
narrò questa vicenda per esteso:

II
«Di ciò che vi dirò testimonianza
certa di topi esiste ed attendibile,
anche se può tutta la circostanza
sembrare di per sé poco credibile».
Ed, esitando un po', fissò la stanza
come vedesse un'ombra non visibile;
ma poi posò per terra il bicchierino
e proseguì così, col capo chino:

III
«Un dì Degranchitopo, uscito presto,
fu visto per i vicoli più scuri
furtivo zampettare lesto lesto,
imbacuccato e rasentando i muri
in un atteggiamento poco onesto,
e accompagnato da quattro figuri
che, avvolti fino al muso in un mantello,
lo portarono dritto in un bordello.

IV
Forse credeva, il topo, di potere
passare di straforo e inosservato
o, male che gli andasse, che il sapere
che entrava in tale albergo malfamato,
regno della lussuria e del piacere,
avrebbe poco scandalo destato,
poiché non è di legno un onorevole
e - come ben si sa - la carne è debole.


Nota

Il testo di Luca Chiti è un frammento (Canto III) di un lungo “romanzo in ottave” intitolato I Paraparalipomeni (Ovvero i Paralipomeni dei Paralipomeni della Batracomiomachia nuovamente ritrovati e tradotti), ulteriore continuazione dei Paralipomeni della Batracomiomachia, poemetto eroicomico in ottave di Giacomo Leopardi (1798-1837), composto tra il 1831 e il 1837, a sua volta continuazione della Batracomiomachia o Battaglia delle rane e dei topi, poemetto di 303 esametri scritto nello stile e nella lingua dell’epos omerico, la cui datazione incerta può forse risalire fino ai secc. VI-V a. C.
Il romanzo chitiano si compone di XL Canti diluiti in 206 pagine di un dattiloscritto (ancora rigorosamente inedito) che è la «traduzione il più possibile fedele, rispettosa dei toni e dei contenuti» di un antico codice venuto alla luce a centocinquanta anni di distanza da quello leopardiano.
«Nell’eventualità che qualche elemento della storia insospettisse lettori particolarmente maliziosi o maligni,» - scrive Chiti nell’introduzione ai suoi Paraparalipomeni - «si afferma qui in modo definitivo e solenne che ogni riferimento a fatti reali o a persone viventi e defunte di qualsiasi specie, razza, luogo ed epoca è completamente involontario e casuale».


Scheda biografica

Laureatosi in Letteratura italiana moderna e contemporanea a Pisa, Luca Chiti (1943-2003) si è occupato delle avanguardie letterarie primonovecentesche con particolare interesse per le riviste fiorentine pubblicando articoli su Filologia e letteratura e curando per l’Editore Loescher il volume Cultura e politica nelle riviste fiorentine del primo ‘900 (1972). Per la stessa casa editrice ha ripubblicato, dopo quasi cento anni dalla loro uscita in volume, le Lettere Meridionali di Pasquale Villari (1971). Nel 1973 ha curato la maggior parte delle voci degli autori del novecento per il Dai (Dizionario degli autori italiani) dell’Editore D’Anna. Suoi testi poetici sono comparsi negli anni 1969-1972 in Arte e Poesia, con una presentazione di Romano Bilenchi e su Quasi. Nel 1972 è uscita la sua raccolta di liriche «Il viaggio all’oriente» nel volume L. Chiti e R. Coli, Poesie, Manzuoli Ed. Dopo un periodo dedicato all’editoria scolastica, attorno al 1980, si è scoperto una vena narrativa che ha trovato con naturalezza il suo modo espressivo funzionale ed efficace solo nel recupero degli schemi della metrica tradizionale italiana. Questa produzione, anomala rispetto al panorama corrente, è a tutt’oggi inedita. Come membro dell’OpLePo (Opificio di Letteratura Potenziale) ha prodotto due plaquette: L'infinito futuro. Sillabe in crescenza (Biblioteca Oplepiana n. 15) e Il centunesimo canto. Philologia potenziale (Biblioteca Oplepiana n. 18).



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