pagina del sito di Tèchne di Paolo Albani

Ermanno Cavazzoni
DELL’USO DEI NUMERI IN LETTERATURA

 I numeri sono un sistema di scrittura ideografica molto comodo ed economico; sembrano entità fredde e impassibili, mentre io trovo che nei numeri (e nei simboli matematici) ci sia un latente erotismo, non abbastanza utilizzato. Esempio: il 3,14 (o pi greco) lo si può sentire come un modo scorciato per alludere al membro maschile (“Era lì che si tirava il 3 e 14 e non se lo lasciava stare”); o il 66 (“Si calò le braghe e si poggiò con tutto il 66 sull’asse del cesso”). Qualcosa nella lingua per la verità c’è già, esempio: 2 e 2 quattro per dire in un attimo (o 4 e 4 otto); ma non vale 3 e 3 sei, non è in uso; e si può però incominciare a osservare che è leggermente più veloce 2 e 2 quattro, cioè ha meno ostacoli che il 4 e 4 otto. Ma se dicessi “in 3 e 3 sei arrivò a casa”, prima di tutto sarei capito? Credo di sì, perché il rimando al 2 e 2 quattro è evidente, ma in più c’è di mezzo qualche intralcio alla locomozione, ad esempio è uno che usa una stampella: “Aiutandosi con la stampella in 3 e 3 sei arrivò a casa”. Beh, devo dire, abbastanza efficace. Da cui se ne deduce che tante altre somme potrebbero entrare nell’uso come espressioni, raffinando la gamma delle differenze. “In 6 e 6 dodici arrivò a casa”, cosa significa? Forse che c’era del ghiaccio o dell’unto per terra ed è stato aiutato dalle scivolate, un po’ come 4 e 4 otto che fa anche rumore, si buttano giù delle sedie, degli sgabelli per arrivare prima, mentre in 2 e 2 quattro si tende a fare dei passi che sono dei salti. Così mi sembra. “In 8 e 8 sedici arrivò a casa”, a mio giudizio qui uno si tira dietro qualche amico incontrato per strada, col quale si è anche fermato a bere in fretta un bicchierino in un bar, per cui in 8 e 8 sedici significa che arriva a casa anche un po’ ciucco, cioè non cammina dritto del tutto. Mi auguro che queste espressioni entrino, perché allora con le infinite potenzialità dei numeri e delle operazioni aritmetiche, si aprirebbe un grande campo di possibilità espressive. “Lui la prese e fecero un 4 per 4”; cosa fecero? L’immaginazione si apre, ci si conturba. “Si distesero a mo’ di 88”, chissà com’è, ma dev’essere bello; e sarebbe bello se ogni gesto erotico o amoroso avesse un suo numero. «La bocca mi baciò tutto tremante» (Dante Alighieri). Se Francesca a Paolo avesse detto: “La bocca mi baciò a 74”, sarebbe stato un bacio storto, un po’ da dietro, molto scomodo. “La bocca mi baciò a 77”, qui debbono essersi toccati i denti, Paolo ci mise una certa foga e forse è saltato un po’ di smalto. “La bocca mi baciò al 100%”, qui siamo di fronte a un perfezionista. “La bocca mi baciò 3 per 80”: ci dev’essere qualcosa di spalancato, che rinvia ad un’area, esprimibile anche in metri quadri, e così via. Dante Alighieri avrebbe potuto essere più circostanziato sulla tecnica, con l’uso di formule numeriche, senza cadere nella pornografia. “La bocca mi baciò 20 al quadrato”(che si può scrivere 20²), cioè esagerando un po’ sull’intensità della prestazione. Quel “tutto tremante” è un po’ povero e impreciso, poteva dire “La bocca mi baciò per 4 quinti” (o 4/5), cioè non completamente per via del tremore, o anche “La bocca mi baciò 3,3” (con 3 periodico, numero irrazionale che rinvia all’irrazionalità del bacio), ma non essendo un buon endecasillabo si può scrivere “La bocca mi baciò col 3 periodico” che è verso sdrucciolo e a mio avviso rinvia a reiterazione e tremore. Forse il tremore non si coglie bene, ma si può esprimere l’esitazione e l’avvicinamento fatale con una curva logaritmica: “La bocca mi baciò con logaritmo”, che forse non è un gran verso, anche difficile da far rimare, però contiene l’immagine degli assi cartesiani (che sono Paolo e Francesca) e del bacio che tende senza mai giungere, e quando giunge si è aperto il tempo infinito dell’aldilà, dell’espiazione (e dell’amore eterno). La curva logaritmica (che si può scrivere numericamente per indicare la posizione delle bocche nello spazio) la trovo conturbante, come una situazione compromessa e sospesa, che procrastina il precipitare della congiunzione.
 Con ciò voglio caldeggiare una presenza più massiccia dei numeri in letteratura, anche in misura superiore alle parole, usando anche i numeri irreali di Robinson, il calcolo tensoriale, l’assiomatizzazione dei sentimenti, il calcolo differenziale e tutte le possibilità delle geometrie post-relativiste.
 Facciamo ancora un esempio. “Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno” (Promessi sposi) può essere espresso nei termini della geometria dei frattali, molto utile per descrivere sistemi caotici come il lago di Como, che possiede area finita ma bordo infinito, a segmentazione curva ricorsiva: il tutto può venire espresso in una formula numerica, ricorrendo eventualmente alla geometria topologica per precisare la frase “che volge a mezzogiorno”, e ad un algoritmo tensoriale per la “catena non interrotta di monti”, dove si vede che il Manzoni usando la parola generica “monte”, preferisce stare sul vago; ché allora era meglio, per essere ancora più romantici, accentuare l’effetto vaghezza e dire: “Quell’H2O volta a sud tra un innalzamento tettonico...” che avrei trovato emozionante.



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